IL CORVO ROSSO


IL CORVO ROSSO

-Mss Pocket?- chiese il preside della scuola ad una signorina.
-Si, sono io, come posso aiutarla?- rispose lei.
-Lei si deve trasferire in una scuola di Beverly Hills per fare supplenza ad un insegnante.
-Ok, partirò oggi stesso-.
Ci troviamo nel 2002, Mss Pocket una giovane insegnante viene trasferita in una scuola elementare a Beverly Hills. Arrivò verso le 6 di pomeriggio, pioveva e decise di alloggiare in un albergo fin all’indomani, era molto stanca dato il viaggio, così andò subito a dormire senza neppure cenare. L’indomani si recò a scuola per mettersi d’accordo con il nuovo preside. Arrivò fin sotto il portone della scuola e si arrestò improvvisamente per osservarle, aveva uno strano presentimento, come se qualcosa in quella scuola non andasse per il verso giusto, lei aveva un certo fiuto per queste cose. Così osservò meglio l’edificio, era molto alto e allegro con i colori accesi dell’estate, ma ancora non la convinceva e i suoi presentimenti divennero realtà quando le si avvicinò un uomo in giacca e cravatta, per dirle: “Buongiorno sono l’ispettore Gable, ma lei può chiamarmi Jack”. La signorina Pocket fece un sorriso smagliante che si spense subito per fare una domanda a Jack: “Sa ho un brutto presentimento riguardo a questo scuola, mi potrò anche sbagliare ma di solito non sbaglio mai…”.
-Mi sa che neanche stavolta sbaglia-.
-Cosa intende?-
-In questa scuola c’è un maniaco che uccide tutte le insegnanti della classe 4c, non è un semplice omicidio, lui o lei, uccide le sue vittime in modo lento e doloroso come se si volesse divertire, sto parlando della morte dovuta alla candeggina-.
-Co-cosa? 4c? Ma è proprio la classe in cui andrò ad insegnare!-
-Non ti preoccupare ci penseremo noi non lasceremo che venga uccisa un’altra insegnante-.
-Grazie ora mi sento più sicura! Mi dispiace devo andare a fare lezione ci vediamo dopo!-
Mss Pocket era felice della sua chiacchierata con il commissario, così entrò in classe felice e sicura. Appena entrò in classe  tutti i bambini le saltarono addosso in segno di saluto, tutti tranne un bambino. Mss Pocket lo osservò ma non gli diede tanto peso perché pensava che molto probabilmente gli dispiaceva della maestra morta pochi giorni prima. Così decise di non infierire ma di iniziare l’appello. Arrivata quasi a metà dell’appello si bloccò, alzò la testa e disse:
-Chi di voi è giovanni?-
-I-o-
Rispose una voce lontana e quasi metallica. Mss Pocket si alzò dalla sedia e guardò di chi potesse essere la voce che ha parlato, tutti guardarono un bambino che sedeva all’ultimo banco e che aveva la testa china.
-Tu sei Giovanni?- Chiese di nuovo la maestra.
Lui fece di “si” con la testa.
-Ti va di guardarmi negli occhi?-
Il bambino alzò la testa e dal banco volò in alto un corvo.
Tutti i bambini urlavano, la maestra cercava di farli stare zitti ma senza risultati, così chiese a Giovanni di far uscire il suo corvo e così fece. Poi la maestra continuò:
-Tu non c’è l’hai il cognome?-
Giovanni fece di “no” con la testa
-Perché?-
Giovanni fece spallucce. E in quel momento suonò la campanella della ricreazione. Era molto strano, la maestra avendo l’ora libera decise di andare a chiedere spiegazioni al preside. Il preside non c’era così Mss Pocket si prese il permesso di prendere la cartella del bambino e darle un’occhiata. Era strana pure quella perché all’interno della quale c’era solo un numero di telefono. La maestra se lo scrisse su un foglio di carta e se lo portò. L’ora successiva tornò in classe  e fece finta di niente e continuò la sua giornata. Il pomeriggio si ritirò in albergo dove alloggiava e decise di chiamare quel numero. Stava squillando. Proprio quando la signorina stava per riattaccare una voce rispose:
-Pronto-
-Salve sono la signorina Pocket, l’insegnante di Giovanni, lei è il padre?-
-Si, come posso esserle d’aiuto?-
-Ho bisogno di parlarle, ci possiamo dare un appuntamento?-
-Domani dopo la scuola venga qui, la mia casa è quella sulla collina-
-Ok, a domani-.
Quando riattaccò la signorina Agata rimase a pensare alla telefonata appena svolta. Doveva ammettere che aveva un po’ di paura ma decise di andare lo stesso. Il giorno dopo si svegliò prima per andare a prendere un caffè al bar e incontrò Jack per strada così decisero di andarci insieme. Jack le chiese:
-Oggi pomeriggio ti va di fare una passeggiata?-
Agata rispose:
-Oggi non posso devo andare a casa di Giovanni, un bambino strano, molto solo, non ha nemmeno il cognome-.
Jack le chiese:
-Se vuoi ti posso accompagnare-.
-No, preferisco andarci da sola, ma grazie lo stesso-.
Agata era molto impaziente di entrare a scuola, voleva parlare di nuovo con Giovanni per cercare di capire cosa lo turbava così tanto.
Entrò in classe, cercò il bambino ma di lui nessuna traccia. Così continuò la sua lezione senza neanche farsi il problema. Erano già le 4 e suonò la campanella, tutti i bambini iniziarono ad urlare e a correre in corridoio, poi  un silenzio tombale cadde su tutta la scuola, agata non riusciva a capire cosa stesse succedendo, poi all’improvviso si udirono le urla del preside che ordinava ai bambini di tornare nelle rispettive classi. Agata si avvicinò per capire cosa stesse succedendo, quando all’improvviso i suoi occhi color azzurro cielo restarono sbarrati, cadde in ginocchio e lesse a bassa voce una scritta a terra con il sangue:
-Agata per te è la fine-.
Qualche metro dopo, un corpo giaceva sul pavimento, aveva un taglio sulla gola da cui sgocciolava ancora il sangue, la vittima era una signora, Agata non l’aveva mai vista prima di allora.
L’assassino aveva colpito ancora.
Agata non aveva tempo di rimanere là, doveva incontrare il papà di Giovanni, così indietreggiò, e senza martellarsi la testa con quella frase si diresse verso l’uscita secondaria che portava allo scantinato che era molto lontano da dove tutti stavano osservando il cadavere. Scese le scale e per sua grande sorpresa si ritrovò Giovanni e il suo corvo di fronte, Agata si spaventò.
-Giovanni cosa ci fai qui?-
Silenzio
-Giovanni!- Agata iniziò a toccargli la mano fredda come il ghiaccio, i suoi occhi stavano cercando di capire dove si trovasse. Poi si girò. Emise un urlo. Il bidello Gino le stava dietro aveva la faccia rivolta sulla sua, stava sorridendo, disse:
-Se ne va di già?- aveva la voce gracchiante, metteva terrore, poi le toccò i lunghi capelli biondi e si diresse in fondo allo scantinato, aveva la gobba.


Agata cercò di aprire la porta per scappare ma era chiusa a chiave così deglutì. Gino batté le mani e si accesero le luci. C’era un laboratorio del male lì sotto, c’erano tante ampolle su un tavolo, una macchina clonatrice, al muro c’era attaccata la corta da parati  nera, su un altro tavolino c’erano dei pezzi di ricambio di un auto. Agata era lì sulle scale, immobilizzata a guardare l’orrore ma al tempo stesso la meraviglia di quel posto. Poi azzardò:
-Chi è Giovanni?-
-Un mio robot, nato per fare ciò che io gli dico di fare-.
-Perché l’hai fatto?-
-Fatto cosa?-
-Tutti quei morti…-
-Nessuno mi apprezzava avevo solo 10 anni, e quella maestra della 4c mi disprezzava solo perché ero italiano. Così senza che me ne resi conto uccisi tante insegnanti una dopo l’altra e ora ci sei tu.
Nello stesso momento dall’altra parte della scuola c’era Jack che stava osservando il cadavere. Poi si diresse verso il retro. Aveva un brutto presentimento. Agata nel frattempo lottava tra la vita e la morte.
-Cosa vuoi? Morte con la candeggina oppure vuoi morire come tutti gli altri con il mio corvo?- A quelle parole batté le mani e spuntò il corvo di Giovanni da un angolino, era facile da riconoscere aveva sempre il piumaggio sfumato di rosso scuro e gli occhi di un rosso intenso. Aveva ancora il becco sporco di sangue.
-Quasi, quasi ti uccido con la candeggina, sai è più divertente-.
Così riempì un bicchiere di plastica con la candeggina ed iniziò ad avanzare verso Agata.
-Aiuto! Aiuto!- Agata urlava senza speranza.
Jack sentì le urla provenire dallo scantinato. Riconobbe subito la voce di Agata.
-Agata arrivo!- Prese la pistola e sfondò la porta. Trovò Gino con il bicchiere di candeggina in mano e Agata legata ad una sedia che piangeva. Gino batté le mani e il corvo planò su Jack. Quast’ultimo con un colpo di pistola uccise il corvo e Gino andò su tutte le furie.
-No! Era il mio unico amico! Ora te la dovrai vedere con me!-
Prese un ampolla sul tavolino e bevve il liquido che c’era all’interno. Jack sparò ma Gino non si fece  un graffio.
-Ma cosa?- Disse Jack.
-Ci sarà un motivo perché ci sono tutte queste cose-.
Era la fine. Mentre Gino avanzava Agata gli mise lo sgambetto e cadde a terra Jack gli saltò a dosso e lo legò poi gli fece bere la candeggina e iniziò a contorcersi. Nel frattempo Agata venne liberata.
-Stai bene’- le chiese.
-Si, ora si- gli rispose
Jack le si avvicinò e molto delicatamente la baciò.

L'amore Rubato


Erano le cinque del pomeriggio. Felicia, era sdraiata sul divano, e stava pensando a tutti i momenti passati con Oliver. L’aria era tranquilla e solitaria, fuori tranquillità assoluta. Ad un tratto arrivò un temporale, e un fulmine cadde vicino l’abitazione, facendo vibrare i vetri. Quella tranquillità scomparve, e quel rumore cosi forte, portò Felicia alla realtà. Un’ora dopo, Felicia preparò la cena, e dalla porta entrò Oliver. Dopo la cena, i due andarono a dormire. L’orologio presente in stanza ticchettava, il cane dei due fidanzati dormiva nella cuccia. A un tratto, si senti un rumore metallico proveniente dalla cucina.
Felicia si svegliò, e disse:
«Oliver, hai sentito?».
«Hamm, Cosa?».
«Il rumore proveniente dalla cucina».
«Hmm, No»
«Non fa niente, vado a controllare…».
Felicia si alzò e scese al piano di sotto, giungendo in cucina. Davanti a se trovò la ciotola del cane rovesciata. Ripulì e andò a dormire. Mentre i due dormivano, la porta del grande armadio si aprì lentamente e si chiuse. Il cane si svegliò e andò al piano di sotto giungendo difronte ad una porta misteriosa. Il cane obbaiò, e per la seconda volta, Felicia si alzò e andò al piano di sotto a controllare.
«Bea, smettila di abbaiare!»
Il cane non obbedì, e Felicia aprì la porta. Era la prima volta che veniva aperta, perché la serratura era danneggiata, e quindi non si apriva. Felicia provò ad aprirla, e si aprì. Trovò un muro e uno specchio con sopra dei graffi. Entrò in quella piccola stanza, però, guardandosi allo specchio, vide una donna alle sue spalle. Si voltò ma non vide nulla, e si mise a gridare:
«Oliver!»
Oliver si alzò di colpo e corse al piano di sotto, e trovò Felicia seduta ad un angolo con le lacrime sul viso.
«Cos’è successo!». Domandò
«Ho. Ho vi-visto».
«Che cosa hai visto?».
«Ho visto una donna con dei graffi sul viso!».
Oliver fece alzare Felicia e la portò sul divano in salotto.
«Oliver.» Disse Felicia.
«So, che sei scettico.Bea era davanti a quella porta a ringhiare. Ho aperto la porta e ho trovato difronte a me uno specchio con dei graffi. Mi sono avvicinata, e mi sono vista allo specchio, e dietro di me ho visto una donna con delle ferite sul viso e i capelli bruciati. Mi sono messa a gridare e dopo ho sentito un odore di rose. Questa donna è giovane, capelli bruciati e con occhi azzurri. Aveva al collo un ciondolo a forma di cuore con una foto di un ragazzo che ti somiglia».
«Quel ragazzo sono io.» Disse
«Hai visto la mia ex fidanzata morta a causa di un’incidente stradale». Concluse.
I due rimasero svegli tutta la notte.
Felicia, alle dieci del mattino, chiamò un prete. Quando arrivò, la ragazza fece benedire la casa, e ad un tratto il prete disse:
«Sento uno spirito, una donna, assetata di vendetta».
Felicia rimase perplessa, e ripensò a quello che aveva visto. Dopo una lunga giornata di lavoro, i due cenarono e andarono in salotto a guardare un film. I due, essendo religiosi, si sentirono al sicuro. La coppia si addormentò sul divano. A mezzanotte, dal piano di sopra, si sentì una donna cantare dolcemente. I due si svegliarono e si guardarono negli occhi.
«È lei». Disse Oliver.
Il cane se ne scappò da casa, e dopo venti minuti, quella voce scomparve. Un silenzio assoluto aleggiava in casa. Si sentivano solo i rumori della TV e del frigorifero. Felicia era tra le braccia di Oliver. Si sentiva un odore di rose, e questa s’intensificò. All’improvviso una strana forza portò Felicia nel bagno, e la porta di questa si chiuse a chiave.
«Oliver, Aiutami!». Gridava disperatamente Felicia.
«Felicia, apri quella porta!». Gridava Oliver, spingendo la porta.
«Non c’è la…»
«Felicia, Felicia!»
Oliver continuò a chiamare Felicia, ma senza una risposta. Il giovane si accasciò a terra e aspettò.
La porta si aprì da sola. Oliver si alzò di scatto ed entrò nel bagno. Trovò Felicia senza vita, in una pozza di sangue, con il cuore sul petto. La porta si chiuse da sola, e Oliver, bagnato dalle sue lacrime di dolore, non riuscì ad aprirla. Notò una frase scritta con il sangue della povera ragazza, che diceva: You have betrayed me, now you ruined! (Tu mi hai tradito, ora ti rovino!)

Difronte a Oliver comparve la sua ex fidanzata, e preso dalla paura e dalla disperazione, si suicidò.

Giulia e la casa infestata dai fantasmi


                                               


                                                                          Giulia e la casa infestata dai fantasmi


Giulia era una ragazzina molto sensibile e dolce, viveva in una villetta di campagna vicino al cimitero. Un giorno i suoi genitori erano usciti e lei rimase da sola in casa. A un certo punto sentì un rumore, percorse il corridoio e apri la porta, vide un mostro con una faccia spaventosa piena di sangue e di serpenti. Giulia non aveva mai visto questo mostro ma dalla faccia vide la somiglianza di un suo antenato che stava al cimitero e il mostro la inseguì senza fermarsi. Giulia usci dalla porta e scappò a casa della sua amica Deborah. Entrò in casa accompagnata da un taxi, disse buonasera, e corse subito dai genitori di Deborah per consolarla. Il giorno dopo i genitori di Deborah e Giulia decise di tornare di nuovo in quella casa, dove ormai c’era il mostro. Ma appena entrarono trovarono i cadaveri dei genitori di Giulia, su un tappeto, pieni di sangue, colpiti da un’ascia al fegato e un morso, di qualche animale velenoso. Giulia, si ricordò di quell’orribile mostro che aveva incontrato, e disse ai genitori di Deborah che il mostro era pieno di sangue e serpenti. Giulia fece in fretta, prese le tracce del mostro e dei serpenti perché dopo un po’  sentì il rumore spaventoso del mostro, che sarebbe sceso a prenderli al più presto Giulia disse di uscire subito e dopo un secondo si trovarono tutti fuori dalla casa, e scapparono a gambe levate senza fermarsi. Raggiunsero l’auto e tornarono nella loro casa. Giulia si portò dalla sua casa il microscopio portatile e da lì esaminò le tracce del mostro e dei serpenti. Giulia riuscì a scoprire che i serpenti erano dei serpenti a sonagli. Poi capì che il rumore che sentì prima di scappare da quella casa era quello dei sonagli. Allora, trovò con la sua amica Deborah, una formula per far morire il mostro.
Si chiamava la formula di Julien. Dopo quella notte, la mattina seguente, lei e Deborah tornarono per l’ennesima volta in quella casa. Entrarono dalla finestra lentamente e capirono che il mostro era al piano di sopra. Su un tavolo Giulia vide un bicchiere con del sangue e da lì capì che il mostro si nutriva di sangue.
Ne approfittò per mettere la formula nel bicchiere. Dopo un po’ Giulia sentì il rumore dei sonagli e tutte e due uscirono dalla finestra e si nascosero dietro un cespuglio per spiare la scena. Il mostro scese per bere il sangue ma ad un certo punto il bicchiere cadde per terra e dopo un po’ il mostro morì insieme ai serpenti.    

Il castello fatiscente



Il castello fatiscente







Era una sera molto tranquilla, con cielo ricoperto di stelle e la luna piena. 
In un castello fatiscente nasce un neonato. Questo bambino non era come tutti gli altri, aveva quattro braccia e quattro occhi. 
Amava mangiare bambini e lo chiamavano due per due. Indossava sempre camicie e gilet nero e bianco. 
In una città lontana da quel spettrale castello, due investigatori di nome 
Semir e Sam, erano molto conosciuti. Amavano investigare su avvenimenti 
difficili e in tanti li volevano per risolvere i loro casi. Semir era un 
ragazzo basso e serioso, mentre Sam , al contrario, era alto e scherzoso.
Una sera due per due era molto affamato, tanto che aveva rotto le catene dove era legato.
Proprio quella sera due bambini molto curiosi andarono verso il 
bosco, poco lontano dalla città. Loro correvano, giocavano e con torce 
osservavano dei piccoli insetti. Si sentiva il verso del gufo, il lupo che 
ululava, ma i bambini tanto curiosi non avevano paura di questi versi. Finito 
il tratto del bosco videro un castello che a loro sembra essere una casa molto 
rovinata. Man mano che si avvicinavano sentivano delle urla strane, che 
provenivano dal castello. Il mostro li vedeva dalla finestra, era molto furioso 
ed affamato. I bambini bussarono alla porta, ma nessuno aprì. Un soffio di 
vento la spalancò e entrarono a vederla con la torcia, andarono al piano di 
sopra, dove il mostro li stava ad aspettare. Come arrivarono il mostro li 
assalì e se li mangiò. 
La mattina seguente la mamma e il papà non trovarono i loro figli e si 
rivolsero direttamente ai due investigatori Sam e Semir. Questi fecero delle 
domande:
"A che ora sono usciti?" ;
"Con chi sono usciti?";
"Sapete un posto bello in cui amavano andare?".
I genitori risposero solo ad una domanda, che amavano andare nel bosco, perchè 
adoravano gli animali. Sam e Semir iniziarono a investigare nel bosco. Dopo 
aver cercato a lungo Semir trovò un bracciale. Tornarono in città e andarono 
dai genitori dei due bambini e glielo fecero vedere. 
I genitori vedendolo lo riconobbero e il lacrime dissero che il braccialetto 
era un regalo di compleanno.

Ritornarono nel bosco e armati proseguirono tutto il sentiero, alla fine del 
quale, videro un castello. 
Sam esclamò "questo è il castello del  mostro!". Semir annuì dicendo " è vero 
l'avevo letto sul giornale"
Guardarono attraverso le finestre del castello, ma non si vedeva nulla perchè 
erano molto sporche di polvere. La porta era aperta, subito a destra videro una piscina piena di fango con tante ossa di bambini.
Il mostro uscì Sam nel fango, mentre a Semir lo prese, lo graffiò gli tolse un 
braccio e una gamba e se lo mangiò. 
Sam con agilità e velocità riuscì a liberarsi dal fango e afferrò la pistola e 
lo sparò per addormentarlo.
chiamarono la polizia e lo fecero rinchiudere in un manicomio.



Desimio Vincenzo 
3° G