Cyborg un eroe per i pianeti




                             

Cyborg un eroe per i pianeti







Gibson è un ragazzo molto socievole, ama aiutare le signore anziane a portare la spesa 
e le aiuta ad attraversare la strada.Sognava di essere un super eroe , una mattina passeggiando incontrò 
un amico che gli parlò di uno scienziato matto.Tornò a casa e pensò che quell'uomo , poteva essergli d'aiuto per diventare l'eroe della Terra.
La mattina seguente  andò  dallo scienziato  e gli svelò il suo desiderio.Quest'ultimo  disse "Lo sai  che è  molto rischioso?" Avrebbe  dovuto  affrontare  mostri malvagi, che attaccano  continuamente  Martes e Jones , Gibson  però voleva salvare questi pianeti ,cosi  lo scienziato  gli diede  una capsula che in pochi secondi lo trasformerà in un cyborg.
I suoi organi da quel momento diventarono artificiali e biologici.Lo ringraziò e andò via, ma lo scienziato  gli disse ancora che poteva volare e lanciare missili premendo un pulsante.
Arrivò su Martes , il primo pianeta che voleva salvare.Era pieno di creature verdi.Fermò uno di loro e chiese :" chi sono i mostri che vi attaccano?".La creatura  rispose :" arriveranno ha poco con delle navicelle".
Erano  più di cento  e Gibson attaccò con lancio di missili , ma  venne colpito dal capo.
Ma nonostante ciò,riuscì ad oscurare i vetri della navicella  con le ragnatele.
Le creature verdi lo ringraziarono  dandogli una nuova arma, pistola e spada laser.
Volò per quattro giorni , fin  quando  non arrivò su Jones, l'altro pianeta da salvare.Era pieno di fiamme , invaso da creature gialle e nere ,all'improvviso venne attaccato dal capoScherrow minacciandolo di andare via altrimenti avrebbe fatto una brutta fine.
Gibson si ferì ad un braccio  poi ad una gamba, cercò di reagire, ma tutti i suoi meccanismi  erano bloccati.La sua viyta venne salvata  da una creatura di nome Gobox.
Riprese le forze , Gibson e Gobox attaccarono Scherrow , e con l'utilizzo di una bomba atomica  lo sconfissero.Anche il pianeta Jones era stato salvato ,così  Gibson fece ritorno  sualla Terra, felice per quello che aveva fatto.Si reco  dallo scienziato ,ma il suo laboratorio era chiuso,incontrò l'amico che gli disse  che lo scienziato  era morto e gli aveva lasciato un biglietto  con su scritto :

 Caro Gibson ,
mi dispiace di non essere lì a festeggiare con te,spero  che continuerai ad aiutare il prossimo.
qui sotto c'è la chiave del mio laboratorio , dove 
 troverai una capsula, che ti farà tornare normale .
                                                                       
                                                                          
                                                                                                     Saluti Scienziato matto.



Il giorno successivo Gibson  entrò nel laboratorio , prese la capsula ci pensò un pò,
ma poi  la gettò , così scelse di essere  un eroe per sempre.
                                   
                                                                                                                             
   
Vincenzo Desimio,
3°G

Il gioco maledetto



          Il gioco maledetto




Jack era un ragazzo dal cuore dolce, sensibile e solare.  Amante dei  videogiochi,  un giorno mentre combatteva contro un suo nemico con il joystick alla playstation, venne sconfitto ed il menù lo teletrasportò  nel mondo virtuale.
Questa cosa non accadde solo a lui ma a tutti coloro che in quel momento stavano giocando lo stesso gioco.
Jack si trovò su un’isola sperduta, inventata e comandata da hacker.
All’improvviso un robot lo attaccò con delle giganti mitragliatrici, ma Steve, un giovane ragazzo, anche lui appassionato di videogiochi, scagliò pesantissime pietre sul robot fino ad annullarlo completamente.
Jack rimase a bocca aperta perché tutto ciò che era successo in quell’attimo non lo aveva mai visto.
Jack si avvicinò a Steve per chiedergli come si trovasse lì e dopo un pò Steve gli rispose che era stato anche lui teletrasportato.
Parlando, camminando ed esplorando l’isola, dopo una settimana divennero molto amici.
Una notte, sull’ isola  incontrarono vicino ad un fuoco  Brigitte Castel, una veggente esperta di videogiochi  realistici e fantastici. I due si avvicinarono a lei incuriositi e si presentarono. Tra Jack e Brigitte si era creato un feeling  particolare, che da subito li fece diventare amici.
I tre, passeggiando sulla spiaggia incontrarono Black Spirit, e Brigitte sentì che era uno spirito maligno e dopo un po’ scapparono impauriti.
Ma Mastel, l’aiutante di Black Spirit, tese loro una trappola nella quale finirono, cercarono  in tutta l’ isola Brigitte Castel che astutamente non si fece trovare.
Brigitte liberò Jack e Steve e trovò la mappa per  arrivare alla combinazione per  tornare alla realtà. I tre arrivarono sul luogo della combinazione, una grotta , dove trovarono gli spiriti maligni che impedirono l’accesso.

Solo usando la forza dell’amicizia i tre riuscirono a tornare alla realtà.

Un disastro nucleare

In Francia, nel pricipato di Monaco, dove c'erano grandi vallate, fiumi e montagne, un giorno scoppiò una centrale nucleare e incominciò a uscire del fumo nero. Steve, che lavorava nell centale, andò a verificare e vide che c'erano delle anomalie nella zona comandi. Ad un tratto si sentì un boato e tutti gli operai uscirono fuori. Le radiazioni incominciarono ad espandersi prima sulla grande foresta e poi a città. Le piante diventarono carnivore e mangiavano la gente, gli uccelli si trasformarono in mostri... Una giovane, Katia, tutto ad un tratto venne divorata dal suo meraviglioso bonsai. Molti morirono di tumori e i sopravvissuto so adeguarono alle nuove condizioni di vita. Il paesaggio era cambiato: la lussureggunte vegetazione aveva ceduto il posto ad un terreno arso e arido. La gente mangiava prodotti OGM. Si viveva molto male perchè ormai la città era diventata piena di radiazioni;
La gente per difendersi indossava tute anti-radiazioni e sembravano dei robot. A causa del disastro ambientale si verificarono numerose mutazioni genetiche: bambini con due teste, cani senza zampe e insetti giganti. Sembravano dei mostri mitologici!
E cosi, il re vuole far diventare la sua città "Un mondo fuori dal mondo", e fece arrivare tanti turisti per far visitare questa grande attrazione turistica. In una famiglia di visitatori un bambino afferma: -Mamma, guarda, un cane senza zampe!-
Allora Steve disse al re: -Non vogliamo essere trattati come fenomeni da circo"-
Così cacciarono il re, e prese il comando Steve ordinando agli altri: -Amici, dobbiamo lottare e andare avanti verso un nuovo futuro-.
Tutta la gente rispose: -Si!-gridavano-incomiciamo ad essere tutti più umili, generosi e più forti-
Dopo tantissimi anni, ritornò il sole e regnava la pace fra tutti.
Francesco Pastorella

VIAGGIO NEL TEMPO


 Siamo a Vieste, durante un inverno stranamente freddo e nevoso. Giovanni, un ragazzino di 13 anni, stava tornando da scuola dopo una giornata molto faticosa, quando in mezzo alla neve viene attratto da uno strano riflesso.
Inizialmente, Giovanni pensava che quel riflesso provenisse da un pezzo di vetro, invece avvicinandosi incuriosito, si accorse che era una penna senza tappo, fatta di cristalli e con bordi in oro. Instintivamente la raccolse e se ne andò come se niente fosse. Arrivato a casa, Giovanni immerso nei suoi pensieri, si chiese come fosse possibile che una penna di quel valore si trovasse a bordo di una strada nella neve.
Il giorno dopo, ripercorrendo la strada per tornare a casa, nello stesso punto dove aveva trovato la penna, il ragazzino fu colpito nuovamente da un riflesso. Si avvicinò e vide che era il tappo della penna trovata il giorno precedente. Corse a casa, mise subito il tappo alla penna e la penna si trasformò in un pezzo di legno.
 Sopra era inciso il nome di Giovanni ed affianco si trovava un pulsante rosso. Giovanni lo schiacciò e si accorse che era un registratore con tanto di istruzioni vocali che dicevano di esprimere un desiderio. Giovanni incredulo disse di volere una macchina del tempo per poter rivivere i ricordi infantili. In un batti baleno il pezzo di legno si trasformò in una specie di capsula. Il ragazzino ci entrò dentro e vide tre display con scritto sopra giorno, mese e anno, e più giù una tastiera con i numeri.
Giovanni intuì che quella era la tastiera d'inserimento, e senza perdere tempo digitò una data a caso per vedere se la macchina funzionasse. Dopo 60 secondi di sballottamenti la capsula si aprì. Scese e si accorse di essere finito nella preistoria. Notò un paesaggio stranissimo: ovunque c'erano alberi altissimi. Ad un certo punto senti delle forti scosse provenienti dal terreno e preso un pò dallo stupore e un pò dalla paura, Giovanni vide un t-rex enorme e successivamente un uccello gigante che planava silenziosamente al fianco del dinosauro. Rendendosi conto della situazione Giovanni scappò verso la capsula,tentò di aprirla, ma purtroppo si era bloccata. Giovanni si era perso nel tempo.
  Facendosi coraggio, si avventurò nei meandri della foresta preistorica e rimase sorpreso dalla sia bellezza e la sua maestosità.
Vide di tutto, alberi altissimi, piante rampicanti, cespugli di tutti i colori con all'interno frutti misteriosi e probabilmente velenosi, serpenti enormi, dinosauri dal collo lungo e uccelli di tutti i tipi che penetravano in mezzo agli alberi.
Faceva un caldo pazzesco, ma all'improvviso si fece ombra, Giovanni alzo lo sguardo e vide un volatile enorme che lo afferrò con le zampe e lo alzo in volo con se. Volarono sopra un grande lago dove si vedevano enormi esseri marini simili a balene ed orche. Invece sulle rive erano presente coccodrilli giganteschi che al passaggio del volatile e Giovanni, aprirono le fauci come a volerli sbranare. Con uno sforzo immane Giovanni riuscì a liberarsi dagli artigli dell'uccello e cadde proprio sulla capsula in modo violento.
  La violenza dell'impatto fece sbloccare la capsula e Giovanni accidentalmente digitò ancora una volta una data a caso. La destinazione prevista segnava la data del 13 ottobre 9009 a Vieste. Il viaggio durò 60 secondi, e come in precedenza la capsula si aprì. Giovanni uscì e trovò una cittadina sviluppata e completamente diversa da come l'aveva lasciata. Le auto erano prive di ruote e si muovevano volando alimentate da idrogeno per evitare inquinamento, le case avevano tutte propri gruppi elettrogeni alimentati da pannelli solari e nei palazzi più grandi da pale eoliche.
Andò nel luogo dove si trovava la scuola media e trovò una scuola media che era molto diversa da quella del 2013. Ci entrò dentro e vide che tutte le persone, tranne gli alunni, erano state sostituite da robot. Le lavagne non esistevano più e ogni alunno nel suo banco aveva cuffie e microfono per intervenire con il robot insegnante, un palmare che sostituiva libri,quaderni e penne.
   Giovanni rimase felice e inizialmente decise di rimanere in quest'epoca, ma poi pensò che non aveva parenti, genitori ed amici quindi non poteva vivere felicemente.
Quindi decise di tornare alla capsula, e molto attentamente, digitare la data in cui era partito ovvero 23 gennaio 2013. START. In 60 secondi ecco che si ritrovava li nella sua cameretta, nella vita reale.
Ancora un po scosso si appoggiò sul suo letto e si mise a riflettere su cosa accadrà tra tanto tempo. Con il sorriso stampato decise di eliminare la capsula, e insieme ad essa pure il pezzo di legno.
Giovanni era felice così nella sua epoca con i suoi amici e con i suoi parenti ed è li che continuerà a restare.

LORENZO CALDERISI PIO

DUE CUORI ED UN ISOLA

-19/10/2010. Forza c'è la puoi fare Tess, mancano solo 9 mesi e potrai tornare al campo estivo della scienza.- Una ragazzina con gli occhiali spessi e i capelli biondi legati con una serie di codini sta cercando di tirarsi su il morale per il primo giorno di scuola. Stava di faccia rivolta verso l'istituto di scuola superiore di Herincol e sperava che almeno quest'anno le cose potessero andare diversamente, magari trovarsi degli amici e diventare popolare.
Proprio in quel momento arrivarono Henry e i suoi amici, e Tess sospirò. Henry è un ragazzo, ma che dico, il ragazzo più bello e più forte di tutta la scuola.
-è inutile, Tess, lui non fa per te...- Tess cercava sempre di mascherare la sua cotta per Henry perchè si riteneva superiore, ma era più che evidente. Henry le passò davanti senza neppure rivolgerle uno sguardo e si diresse dritto verso Chanel, la capo gruppo delle chearlider della scuola. Suonò la campanella e per Tess stava iniziando un altro anno d'inferno, ma lei sapeva che le sue sofferenze non sarebbero durate per sempre grazie al suo progetto segreto, una macchina del tempo che la trasporterà via dalla scuola, via da una madre sempre assente e un padre in carcere, e per completarlo le mancava solo unire un ultimo pezzo che aveva comprato su internet.
Le ore passarono velocemente e all'improvviso suonò l'ultima campanella che segnava la fine del primo giorno di scuola, si diresse di corso a casa per montare l'ultimo pezzo mancante e così poteva finalmente scappare dalla realtà e dirigersi  in un altro universo parallelo.
-Ecco fatto!- Indietreggiò per osservare meglio la sua opera, era molto fiera del suo lavoro. Ora bisognava portarlo a scuola per attaccarlo al generatore di corrente. Decise di farlo quella stessa notte, riuscì ad entrare facilmente dentro la scuola grazie alle chiavi che aveva rubato al direttore, si diresse verso lo scantinato ed attaccò il generatore alla sua macchina del tempo. Sentì dei passi provenire dalla porta dietro di lei, la porta si aprì di scatto e apparve Henry.
-Chi sei tu?!- chiese il ragazzo.
-Tess Middle- Rispose girandosi verso il suo marchingegno.
-Che ci fai qui?-
-Tu che ci fai qui!-
-Ho fatto prima io la domanda-
-Sto scappando in un'altra era con la mia macchina del tempo... ora tocca a te...-
-Io ho perso una scommessa con i miei amici... voglio venire anche io!-
-Dove?-
-Dovunque stai andando con questo affare- Toccò un pulsante e Tess non fece in tempo a fermarlo che si ritrovarono in un'altra era.
Tutto era diverso, erano nell'era dei dinosauri. Si ritrovarono nel bel mezzo della foresta quando la terra iniziò a tremare.
-Vieni corri!- Urlò Tess.
-Perché!?- Rispose Henry
-Sta arrivando un T-Rex!-

I due corsero più veloce della luce e si arrampicarono su un albero. Da lassù si riusciva a vedere tutta la foresta e nel suo cuore c'era un edificio identico al liceo di Henrincol. Tess allora capì che se volevano tornare a casa dovevano arrivare proprio lì al generatore dello scantinato ed entrare nella macchina del tempo.
Iniziarono ad addentrarsi all'interno della foresta ma si accorsero che c'era un segreto ben più grosso da scoprire. Dopo qualche ora di viaggio sentirono ancora quel tremolio della terra che si intensificava di più ogni secondo che passava. I due allora conclusero che si doveva trattare di un altro animale, ma lo intuirono troppo tardi, la bestia era davanti a loro non riuscirono a capire cosa fosse. Era una formica gigante, per fortuna se ne andò senza che si rese conto della loro presenza. I ragazzi si guardarono e capirono che non era l'era dei dinosauri ma qualcosa di più pericoloso...
intanto arrivarono a scuola e ci entrarono con timore, non ci trovarono nessuno e neanche il generatore, era rimasto nella scuola di un tempo che non tornerà mai più.

IL TRILLO DEL DIAVOLO


IL TRILLO DEL DIAVOLO



Nel conservatorio Leoncavallo la giornata iniziò come tante altre.

I ragazzi si affollavano nei corridoi diretti nelle aule , da alcune di esse proveniva il suono di strumenti in accordatura, da altre soltanto il vociare che caratterizzava l’inizio delle lezioni.

Qualche professore si attardava a parlare nei corridoi con gli studenti, altri bevevano un caffè preso al distributore vicino all’ingresso.

Linus entrò con il suo passo lento e leggermente ondulante, in una mano il violino nella custodia nell’altra un fascio di spartiti.

Era un ragazzo strano Linus, i capelli sembravano aver litigato con il pettine da molti anni, scendevano sugli occhi nocciola in modo scomposto per poi ripiegare verso le orecchie e proseguire verso la nuca dove un elastico li costringeva a diventare un codino simile ad uno spazzolino.

Il soprannome “Linus” se lo portava dietro dalle medie a causa del suo carattere chiuso e insicuro, l’unica cosa che lo faceva sentire bene era la musica così che il violino era diventato tutto il suo mondo.

Quel violino era suo amico, suo fratello, sua madre, suo padre e perfino se stesso.

Si incamminò per il lungo corridoio e arrivò davanti all’aula di musica, era appena entrato quando il suono acuto di una sirena coprì gli accordi che provenivano dall’aula, dalla finestra entrarono le luci azzurrine della macchina della polizia, ruotarono intorno alla stanza e poi sparirono seguite dall’urlo della sirena.

Tutti gli studenti si affacciarono alla finestra, Linus andò a sedersi al suo solito posto.

La notizia non tardò ad arrivare, i cellulari cominciarono a suonare, a chi una chiamata a chi un SMS: Il corpo di un ragazzo era stato trovato nel parco vicino al conservatorio, quello dove i bambini andavano a giocare e gli studenti a passeggiare. Il ragazzo non era stato identificato, era appeso ad un albero a testa in giù, qualcuno gli aveva tagliato la gola.

Al conservatorio non arrivarono altre notizie, soltanto l’urlo insistente delle sirene della polizia e dell’ambulanza ormai inutile, tuttavia gli studenti continuavano a stare con il naso appiccicato ai vetri delle finestre come se al di là fosse in corso uno spettacolo imperdibile. Linus capì che per quel giorno non sarebbe stato possibile fare lezione, riprese il suo strumento e si diresse verso l’uscita.

Imboccò la solita scorciatoia, quella che costeggiava il mercato rionale per sbucare direttamente nella piazzetta dove si affacciavano tre enormi condomini, lui abitava in quello a sinistra con la facciata dipinta di verde un po’ scrostata e con qualche macchia di umido che sembrava una decorazione murale.

Mentre camminava pensava al comportamento dei suoi compagni, non riusciva a capire come potessero eccitarsi per un morto, “nel mondo muoiono persone continuamente e non c’è nulla di eccezionale” si diceva “ è anche vero che quello è stato assassinato, ma non capisco lo stesso cosa ci sia di tanto eccitante. Un poveraccio è morto ammazzato che ci facciamo un film? “

Intanto era arrivato al portone si girò guardando in alto sperando che non piovesse, fu in quel momento che gli sembrò di vedere muoversi la tenda della finestra al quinto piano del palazzo di fronte, pensò che quell’appartamento era vuoto da anni e che forse finalmente l’avevano affittato ma siccome di quello che faceva la gente non gliene fregava niente aprì il portone e se ne tornò a casa.

Trascorse la giornata a sentire musica nelle cuffie, voleva isolarsi e quello era il modo migliore che conoscesse, finché sua madre non entrò nella stanza sbraitando che quello non era il modo di passare il tempo che si desse una mossa possibilmente desse anche una mano a casa, che lì tutti lavoravano sodo tutto il giorno. Non era una cattiva madre la sua, aveva capito e assecondato la sua passione per la musica ma era sola a portare avanti la famiglia e lavorava sodo tutto il giorno.

Il padre di Linus se ne era andato un giorno di Gennaio, nessuno ricordava più il motivo neanche sua madre ma tutti sapevano che era stato meglio così per tutti perché quell’uomo in una famiglia stonava come un pianoforte non accordato.

Prese con il solito fare indolente il sacchetto della spazzatura e scese le scale al buio, gli piaceva quel piccolo rischio incontrato ad ogni scalino, quando uscì fuori si accorse che era già buio.

“Accidenti” pensò “forse mia madre non ha tutti i torti “, stava per rientrare quando sentì un suono, era l’inconfondibile suono di un violino. Tornò indietro e si mise in ascolto cercando di indovinare la provenienza del suono. Si incamminò dirigendosi verso l’angolo opposto della piazzetta, quello dove non andava mai nessuno perché non era mai stato messo un lampione ed era sempre avvolto da un buio denso che faceva paura.

Arrivato nell’angolo ebbe un attimo di esitazione, non riusciva a vedere nessuno ma il suono veniva sicuramente da lì, aveva riconosciuto la musica di Tartini: “ Il trillo del diavolo”, la curiosità fu più forte della paura mosse un passo restando metà alla luce e per metà inghiottito dal buio

<< Chi c’è? >> chiese

Il suono cessò improvvisamente ma nessuno rispose

<< Dai chi sei? Suoni bene, anzi, molto bene. Anch’io suono il violino >>

Dall’oscurità emerse una figura che gli sembrò irreale, era una ragazza vestita con un leggero abito di lino indiano sbracciato e che le arrivava alle caviglie. Linus notò che era scalza e si stupì visto che la temperatura era vicina agli zero gradi.

Era bella, di una bellezza strana che costrinse il ragazzo a non toglierle gli occhi da dosso, lunghi capelli castani con riflessi ramati le ricadevano sulle spalle e incorniciavano il viso dai tratti delicati, aveva grandi occhi verdi color smeraldo incorniciati da lunghe ciglia, ma quello che più di tutto conquistò Linus fu il sorriso, dolcissimo e misterioso.

<< Mi chiamo Linus >> furono le uniche parole che riuscì a dire

<< Isolde >> la ragazza si strinse il violino al petto

Rimasero a guardarsi senza parlare finché la ragazza senza dire nulla se ne andò.

Linus la seguì con sguardo e vide che entrava nel palazzo di fronte al suo, pensò che era lei la nuova inquilina dell’appartamento vuoto.

Il giorno dopo il primo pensiero di Linus fu per la ragazza, uscendo da casa guardò la finestra, era chiusa e non si vedeva niente, si avviò per la solita strada che lo portava al conservatorio ma l’unica musica che sentiva in testa e nel cuore era il Trillo del diavolo.

A scuola rese poco, era distratto e non prendeva gli accordi, l’unica cosa che voleva era rivedere Isolde, alla fine delle lezioni mentre stava per uscire fu fermato da Dario, un suo vecchio amico, l’unico con il quale scambiava qualche parola.

<< Hai saputo di Vincenzo? >> gli chiese

<< Vincenzo chi? >> in realtà non gliene fregava niente di nessuno

<< Ma tu dove vivi? Ieri è stato trovato morto un ragazzo questo almeno lo sai? >>

<< Si questo almeno lo so >> Linus voleva andarsene

<< Era Vincenzo capisci? Il morto era un nostro amico >> Dario parlava agitando le mani

<< Io non ho amici >> Linus lo lasciò lì sui gradini del Conservatorio a bocca aperta

<< Linus >> Dario lo chiamò ma  lui non si girò << lo sai che sei un bello stronzo? >>

“ Si lo so “ pensò “ lo sono sempre stato ma non è colpa mia, o forse si non so. So soltanto che quando mio padre se ne andò per noi iniziò la fine e mia madre non è stata più la stessa poveretta, e poveretti anche noi due fratelli. Ma forse ha ragione Dario, tutto questo non mi giustifica, se sono stato male io non è detto che devono stare male tutti. Se riuscissi ad amare qualcuno forse sarei diverso” e pensò a Isolde.

Arrivato nella piazzetta alzò subito lo sguardo al quinto piano, la finestra era sempre sbarrata e la casa sembrava disabitata come sempre, a Linus sembrò strano e pensò che forse si era sbagliato forse la ragazza era ospite di qualche parente in un altro appartamento, inutile fissarsi con quella finestra, però la sera scese lo stesso con la scusa di buttare la spazzatura.

Arrivato nella piazzetta sentì di nuovo la musica, il cuore fece un salto, questa volta andò sicuro verso il buio.

Isolde lo aspettava seduta su un muretto, aveva il vestito della sera prima

<< Ma non hai freddo? >> le chiese

<< Io non ho mai freddo>> rispose la ragazza

Quella sera suonarono insieme nascosti nell’angolo buio.

Gli incontri continuarono per tutta la settimana, tutte le sere alla stessa ora si incontravano e suonavano insieme, poi la ragazza spariva nel portone del condominio senza dire nulla.

Quella settimana un altro ragazzo del conservatorio fu trovato morto nel parcheggio del supermercato dall’altra parte del parco dove era stato trovato il primo ragazzo.

Era stato ucciso nello stesso modo, anche questa volta i giornali dissero che quelle morti erano sicuramente opera di uno psicopatico che tagliava la gola alle sue vittime che morivano dissanguate, la cosa strana era che non si trovava il sangue. La polizia sospettava che l’assassino lo raccogliesse per portarlo via.

In città si diffuse il panico, quelle morti erano terribili e la gente non usciva più da casa soprattutto i giovani che sembravano essere le vittime preferite dal killer.

La Domenica sera Linus non trovò Isolde al solito posto, l’aspettò inutilmente per due ore, quando si sentì completamente congelato si convinse a tornare a casa, ma non faceva che pensare alla ragazza.

A mezzanotte non ce la fece più doveva andare a cercare Isolde, entrò nel portone del palazzo di fronte sperando di non essere visto da qualche persona che abitava lì, salì al buio fino al quinto piano e andò a bussare alla porta dell’appartamento con la finestra sbarrata, non rispose nessuno e dopo un po’ si decise ad andare via, sentendo un rumore si nascose e vide un uomo anziano uscire dall’ascensore, aveva una valigetta in mano, aprì la porta dell’appartamento ed entrò in fretta.

Linus si chiese chi era quell’uomo, gli era sembrato troppo anziano per essere il padre, forse il nonno.

Non sapeva perché ma era sicuro che la ragazza abitasse proprio in quella casa.

Il terzo cadavere fu trovato il giorno dopo appeso ad un lampione sulla strada che portava fuori città, sempre vicino alla zona del conservatorio, questa volta era una ragazza.

Uscendo da casa Linus guardò in alto, la finestra era sbarrata, come sempre.

Entrò deciso nel portone e salì le scale, non aveva intenzione di rinunciare a quella ragazza di cui era innamorato, arrivato davanti alla porta bussò piano, nessuno aprì,bussò più forte. Niente.

Allora provò a spingere la porta che stranamente si aprì, entrò si sentiva insicuro e aveva paura che il nonno della ragazza si arrabbiasse ma in casa sembrava non esserci nessuno. Girò per le stanze, erano vuote soltanto in una c’era un piccolo tavolo e due sedie. Andò nel bagno anche questo sembrava vuoto, provò ad accendere la luce ma non funzionava, gli sembrò di vedere qualcosa nella vasca, si avvicinò e si accorse che era una vecchia coperta, si girò per andare via ma ci ripensò. Tornò indietro e tolse la coperta, sotto c’era un compensato lo sollevò.

Rannicchiata tra due coperte c’era Isolde, Linus era stupito le toccò una spalla e la ragazza si svegliò, non sembrò stupita di vederlo gli disse solo di non accendere la luce

<< La luce mi fa male >> disse

Linus ubbidì era disposto a fare tutto per quella ragazza anche le cose più strane, da quel giorno la mattina quando usciva da casa non prendeva la strada per il conservatorio ma saliva le scale del palazzo di fronte.

Un mese dopo la polizia  scoprì il killer, una delle vittime si era ribellata ed era riuscita a gridare, alcuni passanti erano intervenuti e avevano chiamato la polizia, l’uomo si era suicidato buttandosi da un ponte.

Linus riconobbe dalle foto dei giornali il nonno di Isolde, corse dalla ragazza ma lei gli disse che quello non era suo nonno e nemmeno suo parente.

Qualche giorno dopo Linus trovò Isolde in preda a tremori fortissimi, voleva chiamare un medico ma la ragazza non voleva finalmente si decise a spiegare quale fosse la sua malattia.

Isolde era una ragazza vampiro, l’uomo che viveva con lei era stato il suo fidanzato mortale, lui era invecchiato ma lei no. Era lui che le procurava il sangue necessario alla sua sopravvivenza adesso avrebbe dovuto fare da sola.

Quella notte l’incubo per la città ritornò, una donna che tornava dal lavoro fu aggredita e uccisa, non trovarono il sangue vicino al corpo.

 Mentre era alla finestra e pensava a Isolde, Linus vide una figura arrampicarsi sui muri del palazzo di fronte, sembrava un ragno, agilissima raggiunse la finestra e sparì.

Linus capì in quel momento la decisione da prendere, preparò una piccola valigia e il violino.

Due mesi dopo in una città della Francia del sud fu scoperto il corpo di un ragazzo al quale era stata tagliata la gola, la cosa strana era che non fu trovato sangue vicino al corpo.

Di Linus nessuno seppe più nulla.

IL PORTALE DI GIARDINAGGIO


IL PORTALE DI GIARDINAGGIO

Ci sono giornate che portano appiccicata l’ etichetta della noia, Luna sbuffava in continuazione non sapendo cosa fare  di quella giornata di vacanza, e sperava sempre in un imprevisto tipo ”una bomba nei bagni dei ragazzi” che facesse scattare l’ allarme ed evacuare la scuola. Luna era una ragazza quindicenne come tante altre, stessi gusti musicali, stessi pantaloni a vita bassa, stessi capelli piastrati, stessi umori alti e bassi e litigi con i genitori, su un solo punto si distingueva dagli altri ragazzi, Luna era una ragazza semplice e dal carattere un po’ chiuso, così che non aveva vere amicizie e preferiva starsene da sola. Ma quel giorno proprio si annoiava a morte. Si era costruita un mondo tutto suo, un mondo a parte dove tutto spendeva e lei poteva essere felice senza fastidi da parte di nessuno. Guardò il nuovo computer che il padre le aveva regalato per il suo compleanno: un bellissimo Sony Vaio, non lo aveva ancora usato e decise che quello poteva essere il momento giusto per inaugurarlo. Lo accese e si collegò con Alice ADSL, andò subito a vedere chi fosse collegato su Facebook, trovò i soliti cretini che scrivevano commenti ancora più cretini, uscì dal sito e si collegò a Google, decise di navigare senza meta precisa, sullo schermo comparvero dei cani, poi dei cavalli, andò su un sito di racconti e qui fu catturata dalla bellezza di alcune immagini, cliccò per l’accesso ad un blog che sembrava straordinario, infatti il blog parlava di racconti fantasy, c’erano moltissime immagini di mondi fantastici, in quel momento il computer iniziò a vibrare, Luna era così presa da quelle immagini che non si rese conto di quello che stava per accadere. Si accorse all’ improvviso di essere in un’ ambiente diverso dalla sua stanza, era un’ ambiente fatto di luce azzurra si spaventò moltissimo e così di essere stata catturata dalla rete, riuscì a scollegare il computer lottando con tutte le sue forze, fu catapultata nella sua stanza. Il cuore le batteva all’ impazzata e la testa era in confusione totale. Non disse niente a nessuno, si chiedeva che razza di computer le avesse regalato suo padre e se fosse a conoscenza delle caratteristiche tecniche, ancora non riuscivo a capire se le piacesse o se le faceva paura, il giorno dopo  la curiosità fu troppo forte e Luna riaccese il computer. Tornò a collegarsi con il blog del mondo fantastico questa volta fu risucchiata all’interno al primo click, una voce la informò che la sua password era stata registrata e l’accesso era automatico, Luna si sentiva intontita, guardandosi attorno vedeva costruzioni che sembravano fatte di cristallo azzurro, le case erano all’interno di enormi bolle che le tenevano sospese nello spazio, c’erano anche strade, sospese anche queste nel vuoto, si sentiva sospesa anche lei. Cominciò a guardarsi e si accorse di essere diventata azzurrina anche lei, anche un po’ trasparente. Si lasciò andare nello spazio, poteva volare in quello spazio infinito che sembrava una galassia, intorno non vedeva altri esseri viventi ma soltanto le case racchiuse nelle bolle, l’uscita questa volta fu più facile, trovò un portale e si infilò dentro: era un portale di giardinaggio, innoquo da lì si trovò direttamente in camera sua. Il giorno dopo, al ritorno da scuola la prima cosa che fece fu accendere il computer, cercò il blog ma sembrava sparito inoltre il  computer non vibrò e si comportò come un qualsiasi altro computer. La situazione cambiò un pomeriggio nel quale Luna accese il computer per fare una ricerca scolastica, finita la ricerca fece un tentativo per trovare di nuovo il blog perduto, il computer rispose immediatamente e Luna fu risucchiata nel mondo fantastico. Questa volta con sua grande sorpresa ci trovò altre persone, ma non erano persone normali, alcuni erano completamente trasparenti, altri erano variopinti e altri ancora avevano la pelle come le squame dei pesci, ma nessuno si stupiva dell’aspetto dell’altro, tutti l’accolsero con grande amicizia e Luna si sentì straordinariamente felice. Da quel giorno, al ritorno da scuola si collegava e spariva nella rete, aveva conosciuto un mondo, anzi, un’ universo nuovo, in questo posto non esisteva l’invidia, nessuno parlava male degli altri o peggio alle spalle dicendo bugie o cattiverie, nessuno faceva volontariamente male agli altri e tutti collaboravano pur dicendo le proprie opinioni ma senza mai ferire la sensibilità degli altri abitanti, era proprio un mondo diverso, non come quello dove era costretta a vivere sempre e dove le persone spesso tradiscono o colpiscono gli altri. Qui Luna si sentiva così bene che quando tornava nella sua realtà abituale portava sempre con se un pochino di quella energia. Usciva sempre dallo stesso portale, quello sul giardinaggio finchè un giorno …


Voleva rientrare perché sapeva che si era fatto tardi e tentò con il solito portale ma lo trovò chiuso, non si spavento provò con un altro, uno dove c’erano tanti coni, ma quelli appena la videro si misero a ringhiare contro, allora provò con un portale che immetteva nel mondo dell’alimentazione ma anche lì, carote, cavoli, gente grassissima e altra magrissima le impedirono di tornare, non si perse d’animo e cercò ancora, trovò un portale che immetteva un blog di poesie, il portale si aprì e lei seppe di essere salva e poter tornare ma proprio in quel momento ci fu un blackout cittadino e il computer si spense. Luna non vide più la stanza, fu risucchiata nel meraviglioso mondo fantasy ma quella  non era realtà e lei voleva ritornare a casa ma il monitor continuò a restare spento.

Uno strano racconto

Uno strano racconto

Era 
 una bellissima serata di febbraio.
Laura se ne stava seduta li, sul divano, con il suo PC in braccio leggendo dei racconti horror online.

Nella sua mente leggeva attentamente ogni rigo, non tralasciando né punti e né virgole. Sapeva che sarebbe arrivato il momento del racconto nel quale sarebbe balzata sulla sedia, eppure lei era pronta per qualsiasi colpo di scena. 
Quel blog nel quale lei leggeva i racconti, "i racconti del mistero e del fantastico", era il suo preferito perché era come se lei fosse li, accanto alla vittima, ad osservare la scena come un'inetta, non potendo fare niente, sebbene volesse.
Continuò a leggere: "Felicia provò ad aprire la porta, e si aprì. Trovò un muro e uno specchio con sopra dei graffi. Entrò in quella piccola stanza, però, guardandosi allo specchio, vide una donna alle sue spalle. Si voltò ma... -"
-Maledizione! È finita la batteria del PC e ho lasciato il caricatore a casa di nonna! Uffa, uffa, uffa!
Laura era veramente fuori di sè. Proprio quando si stava immedesimando meglio nel racconto, esso svanì nel nulla bruscamente, come un bel sogno interrotto di prima mattina dalla sveglia. 

        Il mattino seguente finì di leggere il racconto e, successivamente, le venne l'idea di crearsi anch'essa un blog. 
Nel giro di pochi mesi il suo blog divenne molto visitato e i suoi racconti sull'horror erano molto famosi in tutta Italia e oltre. Chi se lo sarebbe mai immaginato che una ragazzina di sedici anni sarebbe diventata così famosa in poco tempo?
Dopo tanti racconti horror, Laura decise di cambiare un po` genere. Si diede alla fantascienza, aveva progettato un racconto stando attenta ad ogni minimo particolare.
Esso trattava di due ragazzi che leggendo un particolare libro ne rimasero intrappolati.


        Dopo tanti intensi giorni, finalmente finì di scrivere il suo amato racconto, e finalmente poté pubblicarlo in modo che tutti potessero leggerlo. Sperava che piacesse a tutti.
Il giorno seguente andò a vedere le visualizzazioni di esso, ma in fondo alla schermata del computer c'erano centinaia di persone di dimensioni ridotte che gridavano con voce acuta: "aiuto! Aiutaci!"

Laura a prima vista si spaventò, ma si tranquillizzò poco dopo pensando che quegli omini non potessero essere altro che una GIF apparsa nel suo computer per mezzo di un virus.
Improvvisamente, un signore da dentro al computer gridò:
-Ehi! Per colpa dei tuoi stupidi racconti, tutti noi siamo finiti qui! Hai idea di quante persone leggono e leggeranno i tuoi racconti? EH?! E invece di startene li di stucco a fissarci, fai qualcosa!"
La ragazza non riuscì a credere ai suoi occhi, ma ci riflettè un attimo e pensò che l'unica cosa da fare potesse essere eliminare il racconto, così lo fece, ma senza alcun risultato: le persone continuavano ad arrivare da ogni parte d'Italia smisuratamente.

Così continuò a pensarci, e l'altra unica possibilità poteva essere quella di cancellare definitivamente il blog. Ma una domanda in mente le sorse spontanea: se cancellasse il blog, cosa le assicura che con esso non svaniranno anche le persone?
Per Laura era un grande dilemma. Salvare il blog o salvare le persone? Ci pensò un po di tempo, e decise di salvare le persone.
Eliminò uno ad uno ogni racconto, e man mano che lo faceva, le persone arrivavano a casa loro. 

        Tutto il suo lavoro andò perso, ma un anno dopo pensò di scrivere un libro, con la speranza che quel che era accaduto in passato non si ripeta un'altra volta.




Camelia Moldovan, 3°G

Le ombre misteriose


LE MISTERIOSE OMBRE

Sofia ha sedici anni, è una ragazza apparentemente forte e sicura di sé, ma dentro è debole, come un tavolo vecchio di cent’anni con le viti fuori posto, ma che volendo si possono aggiustare. Quando fa una cosa, le piace farla fino in fondo, e cerca di fare il possibile per piacere a tutti. Ha un modo di camminare per bene, con il busto in avanti e le spalle dritte.
Ha i capelli neri, più neri del buio e degli occhi verdi come il prato in primavera. È in carne, cioè non è né troppo magra e né troppo robusta, e veste sempre in modo molto colorato.
Aveva quindici anni quando una notte rumorosa e tempestosa decise, non avendo sonno, di prendere i suoi pastelli colorati e di iniziare a disegnare. Per la testa le passarono mille idee, e si ricordò di quel che disse sua nonna tempo fa: “disegna ciò che hai dentro”.
Spense la luce e accese la sua lampada da scrivania, molto particolare, con il suo nome scritto sopra.
Appena accesa la lampada vide la sua ombra riportata sul muro, e fu allora che decise di disegnare delle ombre, le ombre delle cose che le piacevano di più. Disegnò l’ombra del suo cane, l’ombra di un coniglietto, di un fiore e di un gattino.
Essendo stanca, decise di andare a letto, e sulla scrivania rimase un foglio bianco, incompleto, senza alcun significato.
Si stese sul letto, chiuse gli occhi e si addormentò pensando a cos’altro avrebbe potuto disegnare su quel misero foglio.
Dopo un po’ di ore si svegliò nel cuore della notte, le sue gambe andarono verso la scrivania contro la sua volontà, era come se il suo corpo pensasse da solo. Si sedette. La sua mano afferrò un pastello nero, e cominciò a disegnare. Disegnò delle semplici ombre, con delle braccia e delle gambe che sembravano dissolversi nel nulla, e degli occhi rossi color sangue. Mise i pastelli nell’astuccio, si alzò e ritornò a dormire.
Il giorno dopo tentò di capire cosa fosse successo, ma appena lo disse a sua madre, essa non le crebbe.
A quel punto si arrese, anche se nella sua testa c’era ancora quella voglia di scoprire cosa fosse successo.
Quella notte ebbe il battito a mille e sentì le farfalle nello stomaco. Aveva paura che le potesse succedere qualcosa.
Furono le ventitre, ebbe sonno, gli occhi le si chiudevano da soli e sentì sempre di più il bisogno di mollare tutto, lasciar perdere, per la seconda volta. Avendo sonno, mollò.
Chiuse gli occhi e cercò di pensare a qualcos’altro.
Quella notte fu la notte più spaventosa della sua vita;
le ombre che lei aveva disegnato presero vita, proiettando sulla sua parete l’ombra di un ragno e di altre cose che le facevano più paura. Come se non bastasse, sollevarono anche il letto da terra. Nessuno riuscì a sentire le sue agghiaccianti urla, poiché la stanza era molto insonorizzata. Lo era perché in quella stanza abitava sua nonna, ed era solita a suonare il piano.
Il giorno dopo, nessuno le crebbe. La presero per pazza.
Un mese dopo conobbe una ragazza della sua stessa età, Shana, una ragazza indiana dai capelli lunghi e neri, dagli occhi azzurri e dalla carnagione scura. Era appassionata di fenomeni paranormali e appena sentì la storia di Sofia, volle assolutamente vederlo con i propri occhi, quindi Sofia la invitò a dormire a casa sua, a suo rischio e pericolo.
Alle venti, il citofono suonò e Sofia corse ad aprirla:
-Ehi Sofia, non vedo l’ora di vivere quest’esperienza in prima persona!
-Shana, non esserne troppo contenta, potrebbero approfittarne e farti del male, più di quanto ne facciano a me…
Shana fece un gesto con la mano, come per dire “stai tranquilla”.
Giunte in stanza, Sofia aggiustò il divano per farci dormire Shana sopra.
Sofia raccontò tutto quel che aveva subito dalle ombre, tutti quel piccoli dispetti che le facevano battere il cuore a mille, tutte quelle piccole ombre che la facevano balzar dal letto, e una volta scoccata la mezzanotte, cominciarono ad intravedersi le ombre.
Shana non aveva paura, anzi ne era entusiasta, fino a quando le ombre non cominciarono a fondersi in una sola grande ombra, raffigurante un uomo con un grosso coltello in mano. Essa era diretta verso le ombre delle due ragazze, che, avendo paura, corsero ad abbracciarsi l’una all’altra. Ormai non potevano far più nulla. La grande ombra trafisse l’ombra delle due ragazze con quell’oscuro coltello. In quella stanza c’era silenzio totale, le ombre delle ragazze erano immobili, e con esse anche i loro corpi. Le ombre si divisero l’una dall’altra e, avendo finito il loro lavoro, cioè quello di uccidere le ragazze, si incamminarono per tornare nel foglio, ma l’ombra di Sofia si fece forza e con lo stesso coltello, accoltellò le ombre, una ad una.
Ma ormai l’unica cosa che restava di Sofia era l’ombra, che venne attratta dal disegno come un magnete. Entrò nei propri disegni quasi impietrita, dopo aver visto il suo corpo e quello di Shana immobili, distesi a terra.


Camelia Moldovan 3 G

La guerra universale


LA GUERRA UNIVERSALE
Siamo in un’era lontana, dove domina la robotica e l’altissima tecnologia. Non poteva mancare però lo studio degli alieni. Per anni l’uomo ha fatto tantissime ricerche su di essi, ma con risultati negativi. Dopo anni di ricerche presso l’Area 51, un gruppo di scienziati finalmente approva l’esistenza degli alieni. Grazie a dei satelliti e robot mandati a girovagare nello spazio in cerca di forme di vita. Il pianeta si chiamava Phoenix, i robot mandati in questo pianeta mandavano tutte le informazioni sulla Terra di cosa facevano come quando e perché. Gli alieni però si accorsero di questa presenza, anche grazie alla loro intelligenza distrussero tutti i robot e satelliti inviati dalla Terra. Gli alieni ormai erano usciti allo scoperto perché gli scienziati si accorsero dei robot distrutti. Loro non avevano di buon occhio il pianeta Terra e gli umani, perché sapevano benissimo che da sempre, erano stati sospettati e considerati una figura malvagia e una minaccia per la Terra. Così XYZ il capo dell’esercito del pianeta Phoenix voleva liberarsi una volta per tutte degli essere umani. Un altro obbiettivo era sfruttare le materie prime della Terra. XYZ così diede avvio al suo progetto di conquista dell’umanità. Il primo obbiettivo era eliminare gia da prima la potenza mondiale della Terra ovvero l’America. Il pianeta Phoenix non ci pensò due volte a sferrare l’attacco nucleare all’America, ma al primo tentativo furono sfortunati! La bomba lanciata dagli alieni era stata deviata da asteroidi e meteoriti tanto che colpì il pianeta Mercurio. Dunque una perdita per il nostro sistema solare! I terrestri però si accorsero dell’esplosione però non riuscirono a capire chi fosse stato e perché l’abbia fatto. Nel secondo tentativo però fu la goccia che fece traboccare il vaso! Un’altra bomba lanciata dagli alieni colpì questa volta il continente dell’Oceania. Stive il capo dell’esercito Americano capì subito grazie all’aiuto di scienziati che si trattava di un attacco alieno. Presto si trasformarono in deserto anche continenti come Africa e America del Sud. A questo punto Stive diede avvio al piano di difesa. Ma a sorpresa gli alieni invasero la Terra in poco tempo. Non erano tutti, i più deboli erano rimasti nel loro pianeta per fortuna perché Phoenix era tre volte la terra con una popolazione pari a 25 miliardi di abitanti. Così gli alieni dichiararono ufficialmente guerra al nostro pianeta. Soldati mafiosi donne e anche bambini, erano tutti all’appello del comandante dell’esercito Stive. Gli alieni erano avvantaggiati però perché erano 15 miliardi contro i 10 della Terra (Gli altri avevano rifiutato la guerra.), anche perché erano più avanti con le armi, ad esempio avevano i laser un’arma davvero potente! Le prime scintille furono in America del Sud il posto migliore per una guerra dato che era diventato deserto. In quell’occasione morirono circa 30 milioni di umani e 70 milioni di alieni. Però le conseguenze di questa guerra portarono al danneggio di molte città dell’Europa e America centrale. Intanto il resto degli alieni aveva saccheggiato tutte le megalopoli del Mondo e Stive per vendicarsi fece la stessa cosa: mandò un esercito di soldati sul Pianeta Phoenix che a sorpresa ebbero risultati molto positivi, persero la vita circa 5 miliardi di alieni. XYZ non la prese bene e trovò una soluzione con Stive. La loro idea era di continuare la guerra su un altro pianeta, ed il più conveniente secondo loro era Marte. XYZ aveva già fallito il piano delle materie prime perché mezzo pianeta Terra era distrutto. Mentre i terrestri sono stati più furbi. Il loro obbiettivo su Phoenix è stato soltanto di ammazzare gli alieni rimasti e non di danneggiare il territorio. Anche se alcune città furono distrutte la loro strategia si rivelò efficace, perché la Terra si rafforzò grazie al giovane Andres, un ragazzo molto intelligente ma soprattutto bravo al PC, riuscì ad Hackerare grazie all’aiuto di Hacker il programma che usavano gli alieni per rifornirsi di armi tipo i Laser ecc.
Così senza risorse subirono un duro colpo perché dovettero combattere senza armi, e quindi vincere sarebbe stata un impresa impossibile. I terrestri così ne approfittarono subito di questa occasione e in poco tempo sconfissero gli alieni su Marte! Degli altri 10 miliardi rimasti su Phoenix invece la metà si suicidò e l’altra metà venne ridotta in schiavitù e sfruttata per ricostruire alcune città che erano state distrutte sul pianeta Phoenix per poi far evacuare la Terra. 

Un extraterrestre per amico

Un extraterrestre per amico

Alcuni scienziati italiani facevano le loro ricerche in una base costruita in Antartide per scoprire le nuove risorse energetiche utili al pianeta Terra per sostituire quello che pian piano andavano esaurendosi.
 Un giorno, mentre il capo della spedizione scientifica, era attento a scrutare il cielo con il potente telescopio della base, vide con grande stupore, che un corpo luminoso andava piano sempre più avvicinandosi alla Terra.
Arrivato a un certo punto a luce era così forte che quasi lo accecò.
Allora chiamò gli altri scienziati e con loro uscì fuori dalla base, quale fu la loro sorpresa nel vedere che da una piccola navicella atterrata sulla nave usciva un "ominide", un essere un po' uomo e un po' animale, al posto delle orecchie aveva delle lunghe antenne, per bocca un becco simile a quello di un' uccello, sulla fronte aveva un' occhio solo molto grande e sempre aperto invece delle braccia e delle gambe aveva artigli e zampe, a vederlo faceva venire proprio i brividi.
Gli scienziati si avvicinarono e con meraviglia capiscono che quel' essere era giunto fin lì perché voleva aiutarli nei loro studi. Parlava una lingua comprensibile e quello che non riusciva a dire con le parole lo diceva con i gesti.
 Tutti assieme rientrarono nella base e qui l' essere, che si chiamava "xyz", cominciò a vivere con gli scienziati adattandosi molto bene alla vita sulla Terra.
L' Extraterrestre disse che proveniva da un piccolo pianeta di una galassia distante milioni di anni luce della Terra e che era stato mandato per studiare le abitudini dei terrestri.
Gli scienziati gli parlarono dei loro studi e del problema che la Terra doveva affrontare, quello di trovare nuove risorse e allora "xyz" li rassicurò promettendogli un rifornimento continuo e massiccio di ogni tipo di risorsa energetica proveniente dal suo Pianeta.
Il soggiorno di "xyz" sulla Terra durò alcuni mesi dopo di che riprese la via del ritorno, però il contatto tra lui e gli scienziati della base non si interruppe mai più.
Greta Gabriele
3g

IL LIBRO MAGICO



Penny è la baby-sitter di Lucy da quando quest’ultima aveva 3 anni. Penny ha 20 anni e la vita l’ha messa a dura prova quando due anni prima i suoi genitori morirono. Appena trovò questo lavoro estivo nella famiglia Bodler si è dovuta trasferire a San Francisco, e da allora guadagna qualcosa per pagarsi gli studi invernali e si è anche trovata una nuova famiglia.

-…Da allora Harry non andò più a trovarlo- finiva così la storia di quella sera. Penny, infatti, era costretta ogni sera a raccontare a Lucy una storia del libro verde per farla addormentare. Si era addormentata alla fine della storia e Penny si fermò un attimo prima di mettere il libro nello scaffale. Iniziò ad osservare il viso piccolo di Lucy, con le guance rosse dal calore e il lenzuolo sulle gambe. La luce del comodino illuminava i capelli della piccola color oro. Dopo Penny prese il librone e lo chiuse, ma successe qualcosa di strano, la sua mano entrò in quella pagina. Lei prima si spaventò, poi si sistemò i capelli lunghi e rossi dietro le orecchie e riprovò, per vedere se aveva avuto un’allucinazione o era accaduto veramente. La mano rientrò di nuovo. Si spaventò tantissimo e vide se la pagina era bucata o c’era qualcosa, ma niente. 



Scioccata chiuse il libro in fretta, lo prese con forza, perché era pesante e lo mise nella libreria, poi andò nella sua stanza. Si mise nel letto e vide sul comodino i suoi racconti. Ripensò al passato, infatti lei scriveva, ma dopo la morte dei genitori promise a se stessa che non avrebbe scritto più, perché aveva smesso di sognare, lei infatti voleva fare la scrittrice. Poi si mise a dormire.
La mattina portò Lucy al parco, poi pranzarono e il pomeriggio giocarono. La sera Penny, come tutte le sere, prese il librone verde, ma quella sera ebbe paura e lo aprì lentamente, poi iniziò a raccontare la storia a Lucy. Dopo un po’ la bambina si addormentò e lei interruppe il racconto. Prima di mettere tutto in ordine provò se il libro faceva lo stesso scherzo della sera precedente e fu così. A quel punto incuriosita mise il libro per terra e lentamente entrò. Non vide più la camera di Lucy, ma una soffitta buia, con una finestra bassa e tante scatole e bauli aperti con dei giochi. 




Sopra di lei c’era un vortice nero da cui era entrata. 





Appena si trovò lì rimase sconvolta. Ad un tratto si ricordò della storia che stava leggendo a Lucy, parlava di una soffitta, ma non conosceva la fine, perché non l’aveva letta. Poi disse:
-C’è qualcuno?-
-Ssshh, silenzio!- rispose una voce. Penny si voltò e vide un bambino con un bastone in mano in un angolo.
-Chi sei?- domandò Penny, mettendosi sulla difensiva.
-Ssshh, non gridare. Sono stato fortunato, almeno avrò dei rinforzi- disse il bambino facendo un sospiro di sollievo, poi aggiunse-Ciao, io sono John, tu?-
-Io sono Penny. Aspetta ma rinforzi per che cosa?- chiese spaventata.
-Stanno per arrivare gli alieni perché si vogliono impadronire del nostro pianeta. Noi dobbiamo sconfiggerli per salvare la Terra, così diventeremo famosi- disse John sorridendo all'ultimo pensiero.
-Alieni? Combattere? Ma che stai dicendo!- urlò Penny sbalordita ma in fondo incuriosita all'idea di combattere con degli alieni.
-Ssshh… Non urlare!- DISSE John, chiudendo la bocca a Penny, poi aggiunse –Guarda! Sono arrivati!- e indicò la finestra –Ora tu vai dietro a quel baule e aspetta le mie indicazioni-
Penny fece come gli aveva ordinato John, anche se non sopportava l’idea di essere comandata da un bambino di appena 7 o 8 anni. Poi guardò la finestra e vide una forte luce verde. Incuriosita Penny non staccò gli occhi dalla finestra e ad un tratto una gelatina rossa con una scossa elettrica, che partì dal suo braccio, ruppe la finestra. I frammenti arrivarono vicino al baule di Penny, che si nascose di più. Dalla finestra entrarono altra 4 gelatine rosse tutte uguali. Erano diverse solo per altezza e robustezza. Avevano due braccia, tre gambe gelatinose e due occhi gialli. La testa era ovale e non avevano il collo, perché il capo si collegava direttamente con le braccia. Penny guardava John, ma non riceveva nessun segnale. Gli alieni iniziarono a distruggere tutte le scatole e i bauli, così John per evitare che facessero del male a Penny urlo:
-Brutti alieni, siete arrivati sin qui per rubarci il pianeta e…-  uscì allo scoperto e non riuscì neanche a terminare la frase che il più robusto degli alieni lo prese, facendogli cadere il bastone, e gli chiuse la bocca. Il bastone rotolò, arrivò a Penny e si illuminò. Lei si spaventò, poi però vide John. L’avevano preso e gli dicevano delle cose in una lingua strana. Penny vedendo la grave situazione in cui si trovava John, uscì allo scoperto, prese il bastone e lo puntò contro di loro, ne uscì una luce fortissima e incontrollabile che finì sul pavimento. Gli alieni rimasero sconvolti, liberarono John e uno di loro portò un macchinario a Penny dove c’era scritto: “Non vogliamo il vostro pianeta, siamo solo venuti per cercare una pozione che può guarire i nostri genitori da una grave malattia. Vi prego abbiamo bisogno di voi.”
Penny intenerita decise di aiutarli. In un baule infatti c’era un’ampolla con un liquido verde, Penny lo prese e glielo diede. Gli alieni per ringraziarli presero due sfere e diedero una a John a una a Penny, in modo che potessero vedere le immagini del loro pianeta, poi se ne andarono. I due rimasero tutta la notte l’, Penny guardava la sfera con meraviglia e John non si dava pace per aver sbagliato previsione sugli alieni. Inoltre aveva esaurito le cariche per il suo bastone luminoso in grado di disintegrare gli alieni. Dopo aver vissuto la storia che doveva raccontare a Lucy, Penny decise di ritornare alla realtà. Salutò il suo amico e uscì dal vortice nero che si trovava sulla bassa soffitta. In un attimo si ritrovò nella camera di Lucy. Notò subito che non era passato neanche un secondo da quando era entrata nel libro, perché erano sempre le 9.30. andò a dormire felice quella sera, perché aveva vissuto un’avventura fantastica, proprio come piacevano a lei.
Il giorno seguente andarono al parco e il pomeriggio giocarono. La sera  Penny prese il librone, contenta, e lo aprì. Fece scegliere la storia a Lucy e iniziò a narrarla. Dopo un po’ si addormentò e incuriosita dalla fine della storia si immerse nel libro, come aveva fatto io giorno prima, e si ritrovò in un laboratorio. Sopra di lei c’era il solito buco nero per tornare alla realtà. Il laboratorio era enorme e illuminato da tanti neon gialli. C’erano tavoli enormi, bianche con tantissimi strumenti scientifici e ampolle piccole e grandi, con diversi liquidi di colore diverso. Al centro della stanza c’era una gabbia di vetro e accanto un lettino, dove si trovava Penny. Ad un tratto sentì un rumore e si mise dietro al lettino. Dall’altra parte della stanza una porta enorme, telecomandata da un codice, si aprì e uscì un uomo con un camice da dottore e dei capelli ricci e scombinati. Aveva l’aria misteriosa e soddisfatta. Quando la porta si aprì Penny vide di sfuggita un’altra stanza. Con un computer e un lettino con qualcuno sopra, poi la porta si chiuse. Quell’uomo prese delle pinze, poi inserì un codice e rientrò nell’altra stanza e immediatamente la porta si chiuse alle sue spalle. Penny riuscì a vedere il codice, era 48593. appena la porta si chiuse lei uscì allo scoperto e si avvicinò a quest’ultima per vedere se si sentiva qualcosa o se c’era qualcosa, ma niente. Poi si mise ad osservare le varie ampolle. Ad un tratto si sentì un urlo: “Aiuto!”. Penny si spaventò, ma intuì che proveniva dalla stanza accanto, senza pensarci mise il codice e vi entrò. Si trovò d’avanti uno spettacolo sconvolgete. Dalla parete alla sua destra a quella alla sua sinistra c’erano dei robot tutti in fila al muro, al centro della stanza c’erano il computer e il lettino come aveva visto prima. Sopra al lettino c’era un ragazzo più o meno della sua età, con le mani e i piedi legati, e dei fili sul torace collegati al computer. Aveva gli occhi azzurri e i capelli scuri, ed era terrorizzato. Appena la vide disse:
-Ti prego aiutami, il dottor May se n’è andato dall’uscita sul retro e non tornerà prima di due ore, il tempo che ci vuole per trasformarmi in una macchina. Ti prego aiutami, devi solo scollegare i fili e liberarmi, il resto lo farò io-
Penny era sconvolta ma non esitò un momento, sgancio le fibbie di metallo e poi tolse dalla pelle i fili blu che terminavano con un ago. Il ragazzo si alzò, prese il controllo del computer e iniziò a parlare, per far dimenticare a Penny tutto quello che aveva visto e vissuto.
-Io sono Mark, tu?-
-Io sono Penny- rispose freddissima, e ancora terrorizzata da tutti quei robot.
-Sai, il dottor May vuole trasformare tutti in robot per creare una nuova società, e lo stava facendo con me perché qualche tempo fa iniziai ad indagare e scoprii tutto-
-Ma come fa a trasformarli?- chiese Penny tranquillizzata e incuriosita
-Lui li porta qua con l’inganno, poi trasmette tutti gli organi delle persone ai robot attraverso il computer, come stava facendo con me con quel robot- e gli indicò il robot accanto-collegato anche esso al computer-





Poi aggiunse-Sono robot solo esteticamente, all'interno sono fatti come noi umani-
-Tu ora che stai facendo?-
-Sto disattivando tutti i robot, perché visto che non è stato creato un altro robot loro tra un po’ capterebbero il segnale e si attiverebbero- poi aggiunse –Ecco, fatto!- concluse sorridendo.
-Sei bravo con i computer- disse Penny e lui rispose con un sorriso, poi aggiunse:
-Volevo ringraziarti per avermi salvato- e gli fece un sorriso.
-Figurati- disse Penny arrossendo.
I due si incamminarono verso la porta, stavano per mettere il codice quando ad un tratto successe una cosa strana, tutti gli occhi dei robot si illuminarono di una luce rossa e verde e iniziarono a camminare, con le loro gambe metalliche, verso di loro che si trovavano vicino alla porta. Mark vide il computer ed esclamò:
-Oh no! Ho sbagliato a mettere il codice!-
-Che cosa? E ora come facciamo, qui siamo bloccati!- disse Penny agitata.
Intanto i robot li accerchiarono e i due si trovarono attaccati alla porta che divideva le due stanze. Mark, ad un tratto, strizzò gli occhi e ne uscì del laser rosso che cambiò l’ultima cifra sbagliata al computer, invece di 2 mise il 3. penny vide di sfuggita sul monitor che c’era la stessa combinazione di numeri della porta, ma non disse niente, perché era troppo preoccupata a proteggersi dai robot che stavano avanzando ancora di più. Quando Mark cambiò la cifra i robot caddero a terra e Penny fece un sospiro di sollievo abbracciando Mark. Uscirono in fretta dal laboratorio e si ritrovarono nella prima sala. Tutti e due erano contenti. Penny si tolse un dubbio e gli chiese:
-Ma c’è lo stesso codice sia alla porta che al computer?-
-Si. Il dottor May ha tutti i codici uguali per non dimenticarli- e si misero a ridere.
I due si salutarono con la promessa che si sarebbero rivisti, magari in un’altra circostanza. Poi Penny risalì nel buco nero e si ritrovò nella stanza di Lucy. Mise il libro a posto e poi andò nella sua camera. Quella sera era più felice del solito, poi guardò i suoi racconti sul comodino e si ricordò di quanto fosse bello scrivere. Con questo viaggio ritrovò la gioia di vivere che aveva perso alla morte dei genitori, incominciò di nuovo a sognare  e soprattutto riprese a scrivere. Scrisse tutte le sue avventure e in seguito fece anche un libro. Ogni sera aveva il suo appuntamento fantastico e ogni volta viveva storie diverse, di: mostri, realtà virtuale, sottomarini volanti e fece anche viaggi in galassie lontane. In alcune delle sue avventure ritrovò Mark, tanto che alla fine scoppiò l’amore e lui, rinunciando ai suoi poteri, riuscì a diventare reale. In seguito portò anche Lucy nei suoi viaggi e insieme, tutti e tre, vissero avventure segrete e fantastiche.  

Chiara Dinunzio

Il Prescelto

Eravamo seduti in un fast food con un anziano signore sulla sessantina. Non c'erano posti, e quindi io e la mia ragazza Matilde, ci siamo seduti qui, proprio davanti a costui. Iniziammo a mangiare.

«Blah. Questo cibo è veramente disgustoso» disse « chi sa quante sostanze tossiche che ci sono in questo cibo».
Io e Matilde ci guardammo negli occhi, e dalle sue labbra carnose, scappò una piccola risata.
«Amate la fantascienza?» ci chiese improvvisamente.
«Si, certo che amiamo la fantascienza! Come ha fatto a capirlo?» dissi e chiesi sbalordito.
«Un vecchio scrittore sa riconoscere gli appassionati di questo genere letterario, no?»
«Wow, lei è uno scrittore?» chiese la mia amata compagna, con una faccia sbalordita mista a tanta curiosità.
Il presunto scrittore, fissò negli occhi Matilde, come se la volesse sfidare.
«Vuoi una prova? Ascolta questa storia» disse con tanto orgoglio.
Dopo aver bevuto un sorso d'acqua, iniziò a raccontare una storia, e dalla sua prima parola, una gigantesca immagine irreale si pose davanti al mio campo visivo, facendomi entrare nella storia come se io fossi il protagonista.
«Le enormi campagne di grano attraevano la curiosità di Roland, un ragazzo che faceva lunghe passeggiate. Se ne andava la mattina e ritornava la sera. Amava pensare, cose, tipo un mondo migliore, alle persone in difficoltà, ma in particolare ad una famiglia che non ha mai avuto, composta da una mamma e da un papà. Nella sua vita e nel suo cuore esisteva solo la sua nonna materna. I genitori erano morti in un incidente stradale, quando Roland aveva soltanto tre anni. Un giorno, ritornando a casa, vide alcune luci fluttuare nel cielo. Rimase nascosto per alcuni minuti tra le lunghe spighe di grano, affascinato da una cosa che non aveva mai visto. Nella sua testa giravano molte domande. Si chiedeva cosa fossero, e cercò di trovare tra le sue conoscenze una risposta più plausibile. Nel frattempo, una luce passò proprio sopra di lui, e dopo tutte le altre. Quando non le vide più, continuò a percorrere la strada verso casa. Una volta arrivato, ceno, diede un bacio alla nonna e andò a dormire. Oxa, la nonna di Roland, rimase un po male, perché di solito il nipote raccontava sempre ciò che fatto. Roland non riusciva a dormire. Sognava e risognava ciò che aveva visto. La mattina dopo, fece colazione e la nonna con un pacco tra le mani disse: «Tieni Roland, dentro questo sacco troverai il pranzo».
«Nonna, ti ringrazio, ma oggi sono troppo stanco» rispose. 
Dopo pranzo, il ragazzo andò a dormire. Si svegliò alle 21:30 di sera. Oxa era già a letto, però sul fornello il ragazzo trovò una pentola di melanzane inzuppate nel sugo. Uscì  un attimo per prendere una "boccata" d'aria, e involontariamente il suo occhio cadde sul polso. Vide quattro macchie che sprigionavano una debole luce. Non sapeva cosa fossero, e così  toccò la macchia centrale. Il grano davanti a lui si mosse, e da quel preciso punto uscì uno strano essere color grigio e occhi color petrolio. I due si guardarono e rimasero immobili. Anche quella misteriosa creatura aveva quattro macchie sul polso.
«Co'è? Cosa vuole? Da dove viene?» si domandò Roland.
All'improvviso la creatura stese il suo magro braccio e aprì la mano, come se volesse vedere le macchie del ragazzo. Roland capì che era una creatura innocua, e pose la sua mano su quella della creatura. Le differenze di dimensioni si notavano evidentemente. Guardandolo negli occhi e con i battiti cardiaci a mille, Roland chiese: «Chi sei tu?».
«Io sono Roh. Tu sei l'unico essere umano in questo secolo con grandi potenzialità mentali.»
La creatura aveva una voce simile a quella di un umano.
«Vuoi venire con me?» chiese al ragazzo.
«Dove? Non posso lasciare mia nonna da sola.» rispose.
La creatura congiunse le sue macchie con quelle del giovane ragazzo.
Roh e Roland si teletrasportarono su una navicella spaziale.
«E ora che tu sappia, Roland.» disse una strana voce femminile dietro il ragazzo. Roland si voltò e vide la nonna.
«Nonna, cosa ci fai qui?» domandò.
«Roland, tu hai delle capacità superiori ad un normale essere umano. Sicuramente ti starai chiedendo perché proprio tu e a che cosa ti servono queste potenzialità. Esse, serviranno per uno scopo unico, che ti dirò in futuro».
Così, da quel giorno, Roland iniziò a prepararsi per una cosa che non sapeva, grazie all'aiuto di Roh. Imparò a comunicare telepaticamente, a pilotare un astronave, a comandare un esercito. Nel passare del tempo, le sue capacità aumentarono, però la nonna morì. Trovò una lettera con scritto:
"Caro Roland.
 tu hai una missione, quella di evitare una guerra nucleare tra gli uomini. Se questo accadrà, la Terra sarà distrutta dagli umani stessi. L'unica cosa che non ti è stata insegnata e l'insegnamento di prevedere il futuro. Se nel tuo arco di vita non accadrà prima della tua morte, sarà scelto un nuovo soggetto dotato di capacità simili alle tue. Come farai a fermare la guerra? Semplicemente, facendoti conoscere".
Leggendo queste ultime parole, Roland ritornò alla sua vita normale, sperando che que lgiorno nn sia vicino».
Lo scrittore terminò la sua storia. Noi dovevamo andarcene, e dissi:
«Grazie per averci regalato e parlato di questa storia. Ma lei, come si chiama?».
«Roland Smitt» rispose.
C'è ne andammo sbalorditi e con mille domande da fare. E se fosse vera quella storia? Stupidamente, controllai il mio polso, e trovai quattro macchie simili a quella della storia.


Nunzio Micale.