Le ombre misteriose


LE MISTERIOSE OMBRE

Sofia ha sedici anni, è una ragazza apparentemente forte e sicura di sé, ma dentro è debole, come un tavolo vecchio di cent’anni con le viti fuori posto, ma che volendo si possono aggiustare. Quando fa una cosa, le piace farla fino in fondo, e cerca di fare il possibile per piacere a tutti. Ha un modo di camminare per bene, con il busto in avanti e le spalle dritte.
Ha i capelli neri, più neri del buio e degli occhi verdi come il prato in primavera. È in carne, cioè non è né troppo magra e né troppo robusta, e veste sempre in modo molto colorato.
Aveva quindici anni quando una notte rumorosa e tempestosa decise, non avendo sonno, di prendere i suoi pastelli colorati e di iniziare a disegnare. Per la testa le passarono mille idee, e si ricordò di quel che disse sua nonna tempo fa: “disegna ciò che hai dentro”.
Spense la luce e accese la sua lampada da scrivania, molto particolare, con il suo nome scritto sopra.
Appena accesa la lampada vide la sua ombra riportata sul muro, e fu allora che decise di disegnare delle ombre, le ombre delle cose che le piacevano di più. Disegnò l’ombra del suo cane, l’ombra di un coniglietto, di un fiore e di un gattino.
Essendo stanca, decise di andare a letto, e sulla scrivania rimase un foglio bianco, incompleto, senza alcun significato.
Si stese sul letto, chiuse gli occhi e si addormentò pensando a cos’altro avrebbe potuto disegnare su quel misero foglio.
Dopo un po’ di ore si svegliò nel cuore della notte, le sue gambe andarono verso la scrivania contro la sua volontà, era come se il suo corpo pensasse da solo. Si sedette. La sua mano afferrò un pastello nero, e cominciò a disegnare. Disegnò delle semplici ombre, con delle braccia e delle gambe che sembravano dissolversi nel nulla, e degli occhi rossi color sangue. Mise i pastelli nell’astuccio, si alzò e ritornò a dormire.
Il giorno dopo tentò di capire cosa fosse successo, ma appena lo disse a sua madre, essa non le crebbe.
A quel punto si arrese, anche se nella sua testa c’era ancora quella voglia di scoprire cosa fosse successo.
Quella notte ebbe il battito a mille e sentì le farfalle nello stomaco. Aveva paura che le potesse succedere qualcosa.
Furono le ventitre, ebbe sonno, gli occhi le si chiudevano da soli e sentì sempre di più il bisogno di mollare tutto, lasciar perdere, per la seconda volta. Avendo sonno, mollò.
Chiuse gli occhi e cercò di pensare a qualcos’altro.
Quella notte fu la notte più spaventosa della sua vita;
le ombre che lei aveva disegnato presero vita, proiettando sulla sua parete l’ombra di un ragno e di altre cose che le facevano più paura. Come se non bastasse, sollevarono anche il letto da terra. Nessuno riuscì a sentire le sue agghiaccianti urla, poiché la stanza era molto insonorizzata. Lo era perché in quella stanza abitava sua nonna, ed era solita a suonare il piano.
Il giorno dopo, nessuno le crebbe. La presero per pazza.
Un mese dopo conobbe una ragazza della sua stessa età, Shana, una ragazza indiana dai capelli lunghi e neri, dagli occhi azzurri e dalla carnagione scura. Era appassionata di fenomeni paranormali e appena sentì la storia di Sofia, volle assolutamente vederlo con i propri occhi, quindi Sofia la invitò a dormire a casa sua, a suo rischio e pericolo.
Alle venti, il citofono suonò e Sofia corse ad aprirla:
-Ehi Sofia, non vedo l’ora di vivere quest’esperienza in prima persona!
-Shana, non esserne troppo contenta, potrebbero approfittarne e farti del male, più di quanto ne facciano a me…
Shana fece un gesto con la mano, come per dire “stai tranquilla”.
Giunte in stanza, Sofia aggiustò il divano per farci dormire Shana sopra.
Sofia raccontò tutto quel che aveva subito dalle ombre, tutti quel piccoli dispetti che le facevano battere il cuore a mille, tutte quelle piccole ombre che la facevano balzar dal letto, e una volta scoccata la mezzanotte, cominciarono ad intravedersi le ombre.
Shana non aveva paura, anzi ne era entusiasta, fino a quando le ombre non cominciarono a fondersi in una sola grande ombra, raffigurante un uomo con un grosso coltello in mano. Essa era diretta verso le ombre delle due ragazze, che, avendo paura, corsero ad abbracciarsi l’una all’altra. Ormai non potevano far più nulla. La grande ombra trafisse l’ombra delle due ragazze con quell’oscuro coltello. In quella stanza c’era silenzio totale, le ombre delle ragazze erano immobili, e con esse anche i loro corpi. Le ombre si divisero l’una dall’altra e, avendo finito il loro lavoro, cioè quello di uccidere le ragazze, si incamminarono per tornare nel foglio, ma l’ombra di Sofia si fece forza e con lo stesso coltello, accoltellò le ombre, una ad una.
Ma ormai l’unica cosa che restava di Sofia era l’ombra, che venne attratta dal disegno come un magnete. Entrò nei propri disegni quasi impietrita, dopo aver visto il suo corpo e quello di Shana immobili, distesi a terra.


Camelia Moldovan 3 G

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